Nei giorni scorsi, il presidente di Romagna Acque-Società delle Fonti S.p.A, Tonino Bernabè, e il direttore generale, Andrea Gambi, sono stati ascoltati in audizione dalla VIII Commissione Ambiente della Camera dei Deputati. Bernabè e Gambi hanno portato riflessioni e esperienze operative della Società quale contributo a due proposte di legge in esame. In particolare, i due disegni di legge riguardano la tutela della risorsa idrica, la gestione del servizio idrico e le modalità di sostegno all’importante mole d’investimenti prevista nel settore: una ha come primo firmatario l’On. Federica Daga, del Movimento Cinque Stelle, l’altra ha come primo firmatario l’On. Chiara Braga del Partito Democratico.
Quanto riferito in audizione, entro la prossima settimana, sarà tradotto in uno specifico contributo per iscritto, che Romagna Acque presenterà alla Commissione.
Delle due proposte citate, quelle su cui vi è maggiore attenzione da parte degli operatori del settore (e che quindi fa discutere maggiormente) è la proposta Daga: che prevede fra le altre cose la modifica sostanziale della governance in senso opposto alle modifiche recenti che hanno dato buona prova di sé grazie al ritorno ad ambiti ottimali pressoché provinciali; il ritorno alla gestione in economia per i comuni al di sotto di 5.500 abitanti (che rappresentano il 70% dei comuni italiani) che impedirebbe la fornitura di standard minimi di qualità e sicurezza e creerebbe rilevanti problemi di approvvigionamento; il ritorno alla costituzione di aziende speciali o organismi di diritto pubblico escludendo qualunque altra forma societaria, con impatti rilevanti anche sulla normativa esistente (TU dell’Ambiente, dlgs. 152/2006, evoluzione anche della precedente legge Galli); il sostanziale finanziamento degli investimenti mediante la fiscalità generale. Non mancano, come si evidenzia, i punti di criticità nella concreta attuazione ed efficacia della proposta di legge: contro questa proposta, tra gli altri argomenti, è stato indetto per lunedì 17 dicembre uno sciopero generale dei lavoratori dei settori elettrici, gas e acqua.
Anche Romagna Acque-Società delle Fonti spa ritiene giustificata la protesta: le audizioni di Bernabè e Gambi alla Camera sono andate in questa direzione.
“E’ fondamentale difendere con forza il sistema che ha permesso di rafforzare le realtà all’avanguardia nel settore, in termini di investimenti e di coesione territoriale, com’è il caso di Romagna Acque”, sottolinea il presidente Bernabè, “e con esso il sistema dell’acqua pubblica romagnolo. Dobbiamo garantire la continuità, la sicurezza e la qualità raggiunta oggi dal sistema che ha garantito una costante crescita degli investimenti premiando quelle realtà che sono in grado di garantire la capacità di investimento. E’ una condizione, quella attuale, che può e deve essere migliorata ma non va assolutamente menomata con scelte inopportune che porterebbero ulteriori difficoltà al sistema di governo territoriale mettendo in difficoltà soprattutto i Sindaci che vivono, già ora, sulla loro pelle le difficoltà di fornire servizi adeguati. Al tempo stesso la riforma ci preoccupa sia perché sono assenti indicazioni chiare su come debba essere utilizzata la fiscalità generale, come debba essere trasferita e come questa possa garantire le società operanti sul territorio, come si possa dimostrare la continuità dei trasferimenti e come tutto questo non finisca per toccare pesantemente le tasche dei cittadini; il tutto complicato dalla prevista parcellizzazione dei territori, che prevede una serie di misure di “frammentazione” degli enti coinvolti rispetto a quelli previsti attualmente”.
Infine, la proposta Daga propone di interrompere al 31 dicembre 2020 le concessioni esistenti, ponendo ovviamente a carico dello Stato il costo relativo compreso quello di eventuali contenziosi possibili in certe circostanze. “Dall’entrata della legge – chiude Bernabè – dovrebbero essere ripubblicizzate, con costi sostenuti dalla fiscalità generale, tutte le società di gestione del servizio idrico, attraverso la costituzione di un apposito fondo. La stima di questi costi è di 15 miliardi per l’acquisizione delle concessioni (terminal value), a cui aggiungere gli indennizzi per l’interruzione delle concessioni, più ulteriori 2-3 miliardi all’anno almeno per quattro anni per finanziare gli investimenti. E’ di tutta evidenza che una finanza pubblica come quella italiana, già impegnata ad affrontare molti altri temi critici (dal sostegno alle imprese agli aiuti sociali), non offre le necessarie certezze di continuità, come peraltro l’esperienza di questi anni insegna (basti pensare al piano delle infrastrutture e degli edifici scolastici e alla loro manutenzione, alla sicurezza del territorio, alla mitigazione dei danni da eventi naturali ecc.)”.