Lunedì scorso, Romagna Acque è stata promotrice, assieme al think tank TES, di un incontro sul tema “I pagamenti ecosistemici per la valorizzazione del capitale naturale. Verso le linee guida”, ovviamente svoltosi in modalità da remoto.

Nella visione del corpus legis europeo, concepire e trattare l’acqua come “bene comune” deve essere la chiave di volta di per inaugurare un nuovo approccio alla trasformazione e gestione sostenibile del territorio e alla tutela dell’ambiente. Ciò secondo il principio che la tutela della risorsa idrica passi necessariamente per la tutela degli ecosistemi di cui essa è parte integrante, principio che fa eco più volte nei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile così come nel Green Deal. In virtù di questo, le direttive europee impongono agli stati membri di ristorare gli eventuali danni ambientali cagionati dallo sfruttamento delle risorse idriche. Nel voler cogliere l’opportunità che il servizio idrico integrato sia il fulcro di un nuovo rapporto tra uomo e ambiente e ulteriore stimolo ad un approccio circolare all’economia, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) ha previsto la possibilità di riconoscere il costo degli interventi di ripristino del capitale naturale e di rigenerazione della risorsa idrica in tariffa, chiedendo a cittadini e operatori di rendersi parte attiva delle iniziative volte alla tutela dell’ambiente.

Nel corso del tavolo è stata allora presentata la sperimentazione innovativa di cui Romagna Acque-Società delle Fonti si fa da tempo portavoce, grazie ad un processo di ricerca condotto da un consorzio composto dall’Istituto di Management della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, dall’Università Carlo Bo di Urbino e dal Centro Studi e Ricerche REF di Milano. Obiettivo è l’avvio di processi che abbiano al centro lo scambio di servizi ecosistemici per conservare il capitale naturale, aumentare la sicurezza del territorio, migliorarne il presidio e rendere sostenibile ogni attività umana. “L’impatto in tariffa per gli utenti del SII dell’area vasta romagnola diventa sostenibile attraverso un meccanismo di gradualità che limita a circa l’1% il tasso incrementale medio annuo dei corrispettivi”, si legge nella presentazione della ricerca. Un dato significativo, che fa di questa esperienza un modello futuribile, di cui si è discusso appunto nel corso dell’incontro.

Ricco e autorevole il tavolo dei partecipanti, sia livello nazionale (grazie alla presenza dei responsabili di vari enti e associazioni, e di diverse personalità del mondo accademico) che con importanti presenze per la Regione Emilia-Romagna.

Dopo la presentazione della ricerca a cura degli estensori, tra i principali interventi, il deputato Andrea Orlando (presidente dell’associazione TES), ha detto che una valorizzazione dei servizi ecosistemici può servire “per preservare il servizio che  le aree interne e montane danno alle aree urbane, può essere utile anche per dare una prospettiva di reinsediamento. Si può lavorare su questo aspetto anche nell’ambito del Recovery, per la cui attuazione sarebbe utile anche un’alleanza tra lo Stato e le utility”. Roberto Morassut, sottosegretario all’Ambiente, ha aggiunto che “per spendere in modo efficace le risorse del Recovery Plan occorrerà un meccanismo di governance che sia trasparente e metta allo stesso tempo alla prova il sistema, le amministrazioni centrali e locali, le normative: tutti punti deboli attuali” Morassut ha spiegato che “il decreto Dissesto prevederà un potenziamento delle Autorità di bacino, delle Province, delle Regioni attraverso unità tecniche. Dovremo spendere quattro miliardi a nostra disposizione per combattere il dissesto idrogeologico, e altrettanti per il sistema idrico. Occorre velocizzare le procedure, intervenire sulle normative, progettare meglio”.

A livello regionale, l’assessore alle Aree Montane, Barbara Lori, ha sottolineato che “i servizi ecosistemici possono diventare una leva importantissima per ridurre le disparità fra le diverse aree di pianura e quelle di montagna”.

Le ha fatto eco la collega Irene Priolo, assessore regionale all’Ambiente. “La strategia va certamente basata su un coordinamento nazionale, ma in Emilia-Romagna non partiamo da zero: anzi, su certi atti siamo stati anche precursori di Arera. Oggi stiamo lavorando ad interventi di pianificazione importanti, fra cui il Piano di Tutela delle Acque e quello sul Rischio alluvioni. Tutti interventi che dovranno essere collegati, e ricomprendere al loro interno anche i servizi ecosistemici, necessari per evitare il depauperamento della risorsa acqua. E’ un’occasione straordinaria, collegata a un’opportunità come il Recovery. Tutto si tiene, e ovviamente dobbiamo fare in modo che questo modello non valga solo per Romagna Acque, ma anche per le altre aree regionali, diventando uno strumento utilizzabile anche all’interno dei Contratti di fiume. Ambiente e servizi ecosistemici devono fungere da attrattori per altri investimenti – come quelli sulla sostenibilità – con obiettivi collegati al 2030. Ma dobbiamo fare in fretta, perché per realizzare questi interventi serve un arco temporale di 5-10 anni: e il cittadino deve sapere che sono investimenti nel suo interesse”. 

“Sono molto soddisfatto dell’esito dell’incontro – chiude il presidente di Romagna Acque, Tonino Bernabè -. Siamo riusciti ad incrociare il territorio con il mondo universitario, l’ambientalismo pragmatico, le esperienze applicate e la dimensione tecnica del Governo e dei decisori nazionali.

Ora dobbiamo assieme tenere caldo il tema e continuare a presidiarlo con il Governo”.